Salvatore Quasimodo nasce a Modica il 20 agosto 1901 da Gaetano Quasimodo e Clotilde Angela Ragusa. Il padre è capostazione. Dopo il terremoto di Messina del 1908, il padre è incaricato di riorganizzare il traffico ferroviario della stazione di Messina. In quel periodo, il giovane Salvatore, con la famiglia, vive in un carro merci parcheggiato su un binario morto della stazione. Un fatto cui il poeta tornerà con la memoria nei suoi versi inclusi nella raccolta La terra impareggiabile.
Ottenuto il diploma nel 1919, si trasferisce a Roma dove spera di conseguire la laurea in Matematica e Fisica, ma le ristrettezze economiche gli impongono di abbandonare gli studi e lavorare. Nel 1926 è assunto al Ministero dei Lavori Pubblici e assegnato, come geometra, al Genio Civile di Reggio Calabria. Hanno fine le ristrettezze economiche. Nasce in quel periodo la lirica Vento a Tindari.
Nel 1927, Elio Vittorini, che aveva sposato Rosa Quasimodo, sorella del poeta, invita Salvatore a Firenze, introducendolo nei salotti letterari, dove conosce, tra gli altri, Eugenio Montale. Trasferito presso il Genio civile di Imperia, e poi presso quello di Gnova, conosce Camillo Sbarbaro. Nel 1932, pubblica per la casa editrice della rivista Circoli, Oboe sommerso. Nel 1933 è trasferito a Cagliari, poi a Milano e infine a Sondrio. Nel 1938 lascia il Genio Civile per dedicarsi alla letteratura.
Iniziata la guerra, nel 1940 collabora con la rivista Il primato e, nel 1942, con la collana mondadoriana Lo specchio pubblica Ed è subito sera. Nel 1945 si iscrive al PCI. Sono anni di poesia civile, impegnata, e di traduzioni di autori classici e moderni.
Negli anni Cinquanta, ottiene numerosi premi e riconoscimenti, fino al Nobel per la Letteratura, nel 1959.
Mentre si trova ad Amalfi per presiedere a un premio letterario, il poeta è colto da un ictus. Muore il 14 giugno 1968 a Napoli.